sulla forma degli alveari | carluca parrotta

Quella mattina scoprii che la perfezione della struttura dei favi di un alveare non è dovuta all’ingegno delle api, ma alle forze di costrizione meccanica derivanti dal contatto fra ogni singola celletta, la regolarità della struttura dipende solo dal numero degli insetti e non dalla loro intelligenza. Poi scoprii che l’unico amico rimastomi era stato arrestato. Aveva ucciso 4 persone col piccone. A dire il vero, le api mi sono sempre state un po’ sui coglioni. Alla brulicante operosità di uno sciame d’api preferisco la solitaria aggressività del calabrone. Arthur rappresentava per me l’ultima porta aperta con i rapporti umani (si fa per dire). Non mi ero per nulla accorto della radicalizzazione, e questo potrebbe starci sia perché i nostri incontri avvenivano con la ridicola frequenza di 4-5 l’anno e, molto spesso, avevano la durata di una partita di calcio e tre birre medie, sia perché fondamentalmente non me ne fregava un granché di lui. A detta dei media Arthur sarebbe entrato nelle fila della Legione della Resurrezione (rinominati “picconisti”) circa due anni prima e in quell’arco di tempo avrebbe marciato e lottato strenuamente per la resurrezione della Nazione. Già poche ore dopo l’accaduto era cominciata l’inevitabile maratona mediatica sul “truce picconista”, erano comparse in televisione e sulle pagine web le interviste alle persone che gli erano state vicine. I giornalisti facevano a botte per accaparrarsi l’esclusiva su un qualsiasi particolare della vita di Arthur. Sebbene fosse altamente improbabile, avrebbero potuto trovare anche me e la cosa sarebbe stata una gran rottura di coglioni. Ero sicuro che in meno di quattro mesi le acque si sarebbero calmate, ci sarebbe stata un’altra spedizione o un altro attentato. Arthur sarebbe diventato di nuovo anonimo, e poi probabilmente la sua figura sarebbe stata rivalutata. Così, per il momento, decisi di uscire dalla scena. Nella fisiologica divisione fra attori e spettatori, costante nel nostro tempo, avrei rivestito la parte di chi si siede vicino l’uscita di emergenza per avere maggiori chance di sopravvivenza in caso di catastrofe. È davvero fantastica la facilità con cui ci si possa ritirare dalla vita sociale al giorno d’oggi. Iniziai a mantenermi sfruttando una piattaforma di ghostwriting.
Scrivevo su commissione piccoli articoletti dagli argomenti più disparati e ricevevo un compenso proporzionale al mio rating. Passai da 0,013 € a parola a quasi 0,30 €, arrivando infine a guadagnare anche 500 € al giorno per riempire il web di bufale e recensioni false. Dopo circa un mese ci fu un altro attentato islamista, dunque si perse l’interesse mediatico per i “picconisti”. Sarei potuto ritornare alla mia vecchia vita. Ma ne valeva la pena? In casa c’era qualsiasi cosa desiderassi. Amazon mi manteneva vivo con cibo e intrattenimento. Il porno ammaestrava i miei regolari desideri sessuali, se ben allenato riuscivo a raggiungere l’orgasmo in ben 5 secondi. Oramai della specie umana mi interessava solo quanto avrebbe potuto offrirmi senza contatto diretto, e Internet, in questo, funzionava egregiamente. Cominciai a provare ribrezzo non solo per gli altri, tanto da costringere il corriere che mi faceva visita settimanalmente a lasciare il mio ordine davanti la porta e sparire, ma anche per me stesso, per la mia natura umana. Mi facevano schifo le mie funzionalità corporee, il fatto che dovessi mangiare, respirare, masturbarmi, defecare. Tentai di difendermi rimanendo coperto per far finta di non accorgermi che anche io ero umano. Fosse stato possibile avrei trasferito la mia coscienza in una macchina, dove gli uomini e le loro attività diventano accettabili, perché digitali. Alla fine iniziò a farmi schifo anche il sole. Tappai ogni finestra e mentre là fuori l’umanità soccombeva a colpi di picconi, kalashnikov e piogge acide, io rimasi a contemplare le cose con la timida luce del frigorifero.

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